tecnologie assistive

Nel mondo digitale in cui viviamo, l’accesso ai servizi informatici è diventato una condizione imprescindibile per partecipare attivamente alla vita sociale, economica e culturale. Tuttavia, milioni di persone incontrano ancora barriere nell’utilizzo di dispositivi, software e piattaforme web a causa di disabilità sensoriali, motorie o cognitive. Le tecnologie assistive, in questo contesto, giocano un ruolo fondamentale: non si tratta di strumenti di nicchia, ma di vere e proprie leve di inclusione che permettono di colmare il divario digitale e promuovere una società più equa.

Rendere l’IT accessibile significa progettare soluzioni che possano essere utilizzate efficacemente da tutti, indipendentemente dalle capacità fisiche o mentali. Questo obiettivo, che rientra nei principi dell’universal design, richiede una profonda revisione dei paradigmi di progettazione e un impegno consapevole da parte delle aziende, dei progettisti software e dei fornitori di servizi digitali. Non è più sufficiente sviluppare applicazioni “funzionali” solo per la maggioranza degli utenti: oggi più che mai, è necessario garantire che ogni individuo possa interagire con le tecnologie in modo autonomo, sicuro e dignitoso.

Le tecnologie assistive si inseriscono proprio in questa visione. Dai lettori di schermo per non vedenti ai dispositivi di puntamento controllati con lo sguardo, dalle tastiere alternative ai software di sottotitolazione automatica, questi strumenti permettono alle persone con disabilità di accedere a siti web, compilare moduli online, comunicare a distanza, lavorare e studiare. Ma al di là dell’aspetto tecnico, l’adozione diffusa di queste soluzioni trasmette un messaggio chiaro: l’inclusione digitale non è un’opzione, è un dovere.

Il quadro normativo: cosa prevede la legge e perché le aziende devono adeguarsi

L’accessibilità digitale è anche una questione di conformità normativa. In Italia, la legge 4/2004, nota come “Legge Stanca”, è il principale riferimento in materia. Questa norma, aggiornata nel tempo per recepire le direttive europee, impone alle pubbliche amministrazioni e ai fornitori di servizi pubblici di rendere i propri siti e applicazioni fruibili anche da utenti con disabilità. Più recentemente, il recepimento della direttiva europea (UE) 2016/2102 ha esteso l’obbligo anche ad alcune aziende private che forniscono servizi essenziali al pubblico, come banche, compagnie assicurative e società di telecomunicazioni.

Le linee guida tecniche di riferimento sono le WCAG (Web Content Accessibility Guidelines), elaborate dal W3C. Queste linee guida definiscono una serie di criteri di accessibilità suddivisi in tre livelli (A, AA, AAA), che riguardano l’uso dei colori, la leggibilità del testo, la navigabilità da tastiera, la presenza di alternative testuali e molto altro. Rispettare questi criteri non è solo una questione di compliance, ma anche di responsabilità sociale d’impresa.

Per le aziende private, adottare soluzioni accessibili significa ampliare il bacino di utenti potenziali, migliorare l’esperienza utente complessiva e ridurre il rischio di contenziosi. Infatti, in diversi paesi – e sempre più anche in Italia – stanno emergendo casi legali contro imprese che offrono servizi digitali non accessibili. La trasformazione digitale deve quindi andare di pari passo con un’evoluzione culturale e organizzativa, in cui l’accessibilità venga considerata fin dalle prime fasi di progettazione.

Le tecnologie assistive: cosa sono e come funzionano

Il termine comprende un’ampia gamma di strumenti, sia hardware che software, progettati per supportare le persone con disabilità nell’interazione con il mondo digitale. A differenza dei dispositivi “standard”, che danno per scontato un certo tipo di interazione (touchscreen, mouse, voce, ecc.), le tecnologie assistive offrono modalità alternative per percepire le informazioni e comunicare comandi.

Un esempio classico è il lettore di schermo, un software che interpreta il contenuto visivo di una pagina web e lo traduce in output vocale o braille. Questi strumenti sono indispensabili per chi è non vedente o ipovedente, ma funzionano correttamente solo se il sito è stato progettato con una struttura semantica coerente, utilizzando tag HTML appropriati e testi alternativi per le immagini. In assenza di questi accorgimenti, anche il miglior lettore di schermo non potrà garantire una navigazione soddisfacente.

Allo stesso modo, le persone con disabilità motorie possono utilizzare tastiere alternative, joystick adattivi o sistemi di puntamento basati sul movimento degli occhi. Chi ha difficoltà cognitive o disturbi dell’attenzione può trarre beneficio da interfacce semplificate, con percorsi guidati e contenuti visivi chiari. Le persone sorde o con ipoacusia, infine, possono accedere a contenuti multimediali grazie a sottotitoli, trascrizioni testuali e avvisi visivi.

È importante sottolineare che le tecnologie assistive non sono tutte “esterne” al sistema. Molte di esse sono già integrate nei principali sistemi operativi: Windows, macOS, Android e iOS offrono ormai da anni funzionalità come il controllo vocale, lo screen reader, la lente d’ingrandimento o la navigazione alternativa. Il problema, spesso, è che queste funzioni non vengono attivate o sfruttate al meglio, né dai progettisti né dagli utenti. Ed è qui che entra in gioco l’informazione e la formazione: rendere accessibili i sistemi significa anche aiutare le persone a conoscerne e utilizzarne tutte le potenzialità.

Come progettare soluzioni digitali accessibili: principi e approcci

Quando si parla di accessibilità informatica, il primo errore da evitare è pensare che si tratti di un “requisito da aggiungere alla fine”. In realtà, l’accessibilità deve essere una scelta progettuale, una componente strutturale dello sviluppo software, della realizzazione di siti web, delle applicazioni aziendali e dei sistemi IT interni. È ciò che in ambito anglosassone viene definito accessibility by design, ovvero un approccio che integra le esigenze degli utenti con disabilità fin dalle fasi iniziali del progetto.

I principi fondamentali dell’accessibilità digitale possono essere riassunti attraverso l’acronimo POUR: Percepibile, Operabile, Comprensibile e Robusto. Ogni contenuto digitale deve quindi essere:

  • Percepibile, ovvero presentabile in modi alternativi per adattarsi ai diversi sensi. Ad esempio, un contenuto visivo deve poter essere convertito in voce o testo;
  • Operabile, cioè navigabile e fruibile anche da chi non può utilizzare mouse o touch;
  • Comprensibile, attraverso interfacce coerenti, linguaggio semplice e feedback chiari;
  • Robusto, cioè costruito secondo standard tecnici che lo rendano interpretabile dai dispositivi assistivi e compatibile nel tempo.

Progettare seguendo questi principi non richiede strumenti esoterici o costi proibitivi: nella maggior parte dei casi, si tratta di adottare buone pratiche di sviluppo, scegliere template e framework accessibili, testare il proprio lavoro con tool dedicati (come WAVE, Axe o Lighthouse) e, soprattutto, ascoltare chi vive quotidianamente l’esperienza dell’accessibilità.

Buone pratiche per sviluppatori e sistemisti: l’accessibilità nell’IT aziendale

Spesso si pensa che l’accessibilità riguardi solo i siti web pubblici o le app per il grande pubblico. In realtà, anche i sistemi informativi aziendali – intranet, software gestionali, piattaforme di formazione interna – devono essere accessibili, soprattutto se tra i dipendenti ci sono persone con disabilità.

Per questo motivo, sviluppatori e sistemisti IT dovrebbero adottare alcuni accorgimenti fondamentali:

  • Prediligere interfacce grafiche pulite e scalabili, con contrasti adeguati tra testo e sfondo;
  • Garantire la navigabilità da tastiera, evitando dipendenze esclusivamente da mouse o gesture;
  • Utilizzare etichette descrittive e ARIA attributes per facilitare l’interazione via screen reader;
  • Evitare contenuti lampeggianti o animazioni rapide, che possono causare problemi neurologici;
  • Garantire che tutti i file PDF e i documenti interni siano fruibili tramite lettori vocali o braille;
  • Testare l’usabilità con strumenti di simulazione della disabilità, come NVDA o JAWS.

Il reparto IT ha anche la responsabilità di garantire che i sistemi di videoconferenza, le piattaforme collaborative e gli strumenti di produttività adottati siano compatibili con le tecnologie assistive e offrano opzioni per sottotitoli, traduzione automatica, ampliamento dei font o lettura vocale.

Nel contesto delle PMI, spesso manca una figura esperta in accessibilità. Ma proprio per questo, è utile formare anche in modo trasversale figure interne – come sistemisti, project manager o content creator – sui principi di base. L’accessibilità, infatti, non è un compito esclusivo degli sviluppatori, ma il risultato di un’interazione tra IT, comunicazione e direzione aziendale.

Accessibilità e trasformazione digitale: un binomio strategico

In un contesto in cui la trasformazione digitale è al centro degli investimenti aziendali, dimenticare l’accessibilità significa compiere un grave errore strategico. Non solo perché si rischia di escludere una parte della forza lavoro o dell’utenza, ma perché si perde un’occasione per costruire tecnologie più solide, resilienti e inclusive.

Una soluzione accessibile è spesso anche più usabile da tutti. Un’interfaccia ben progettata, che guida l’utente in modo chiaro, funziona meglio anche per chi non ha disabilità. Un sito che carica rapidamente, che ha un buon contrasto visivo e che funziona senza JavaScript attivo è più performante per tutti, anche su connessioni lente o dispositivi datati.

Inoltre, l’accessibilità rafforza il brand aziendale, migliora la SEO (i motori di ricerca prediligono contenuti accessibili), e risponde alle esigenze di una società sempre più attenta all’etica, alla diversità e all’inclusione. Includere è un atto tecnico, ma anche culturale. E oggi, le aziende che vogliono crescere non possono più permettersi di ignorarlo.

Una roadmap aziendale per l’accessibilità IT

Per implementare l’accessibilità in modo efficace, le aziende – soprattutto le PMI – possono seguire una roadmap in quattro fasi:

  1. Valutazione iniziale: analizzare lo stato attuale dell’accessibilità nei sistemi IT, nei contenuti digitali e nei processi aziendali;
  2. Pianificazione strategica: definire obiettivi chiari, assegnare ruoli, pianificare attività e budget;
  3. Formazione interna: sensibilizzare i team coinvolti e fornire strumenti per progettare, scrivere e gestire contenuti accessibili;
  4. Sviluppo e testing: applicare standard WCAG, effettuare test con strumenti automatici e con utenti reali, correggere criticità.

Nel corso del tempo, l’accessibilità deve diventare un elemento strutturale della governance IT. Va inserita nei documenti di policy, nei capitolati dei fornitori, nei flussi di sviluppo software e nei criteri di valutazione delle tecnologie adottate. Solo così potrà generare un impatto duraturo e positivo.

Tecnologie emergenti e nuove frontiere dell’accessibilità digitale

Il panorama delle tecnologie assistive non è statico: si evolve costantemente grazie all’innovazione tecnologica. Oggi, l’accessibilità digitale beneficia dell’integrazione con strumenti avanzati, in particolare l’intelligenza artificiale (IA), la realtà aumentata (AR), la realtà virtuale (VR) e le tecnologie vocali.

L’intelligenza artificiale sta rivoluzionando il modo in cui interpretiamo e presentiamo le informazioni. Strumenti basati su machine learning sono già in grado di:

  • generare sottotitoli automatici per i video, migliorandone la fruibilità per utenti sordi o ipoudenti;
  • descrivere le immagini in modo dinamico per gli screen reader, rendendo i contenuti visivi comprensibili anche a chi non può vederli;
  • tradurre in tempo reale una conversazione scritta o parlata, facilitando la comunicazione anche per chi ha barriere linguistiche o cognitive.

Anche gli assistenti vocali intelligenti (come Alexa, Siri o Google Assistant) stanno diventando strumenti chiave per le persone con disabilità motorie o visive, offrendo nuove modalità di interazione con dispositivi domestici e professionali.

Nel campo della realtà virtuale e aumentata, invece, si aprono opportunità e sfide. Mentre da un lato si progettano ambienti immersivi per la formazione inclusiva (es. simulazioni accessibili per lavoratori con disabilità), dall’altro è necessario vigilare affinché queste tecnologie non generino nuove barriere. L’accessibilità in AR/VR è ancora una frontiera aperta, ma fondamentale per l’inclusione futura.

Anche il mobile gioca un ruolo centrale. I dispositivi mobili sono oggi i principali strumenti di accesso al web. Le piattaforme Android e iOS hanno investito molto in accessibilità nativa, offrendo funzionalità come lettori vocali, ingrandimento dello schermo, riconoscimento vocale e personalizzazione dell’interfaccia. Le aziende devono però assicurarsi che le proprie app e siti mobile siano costruiti per sfruttare questi strumenti, non limitarli.

Il ruolo delle aziende IT e dei partner tecnologici

Le aziende IT, come Solunet, hanno un ruolo cruciale nel diffondere e supportare l’accessibilità digitale, soprattutto nel contesto delle PMI, che spesso non dispongono internamente delle competenze necessarie.

Una consulenza mirata in fase di progettazione può aiutare l’impresa a:

  • scegliere soluzioni software già conformi agli standard WCAG;
  • definire una strategia di accessibilità coerente con i processi aziendali;
  • integrare tecnologie assistive con l’infrastruttura IT esistente;
  • fornire formazione al personale e supporto continuo nel tempo.

Oltre alla consulenza tecnica, è importante il ruolo culturale: sensibilizzare l’azienda sull’importanza dell’accessibilità, far emergere i vantaggi economici, operativi e sociali, e contribuire a costruire un ambiente di lavoro più inclusivo.

Un partner tecnologico può anche assistere le imprese nella gestione della compliance normativa, dalla legge Stanca in Italia al GDPR (quando si usano tecnologie che trattano dati sensibili legati alla disabilità).

Infine, collaborare con un fornitore esperto consente di attivare percorsi graduali: non tutto deve essere implementato subito, ma si può lavorare in modo progressivo, a partire dai sistemi più critici fino ad arrivare all’intera infrastruttura digitale aziendale.

L’accessibilità è responsabilità di tutti

Le tecnologie assistive non sono una nicchia, ma una componente essenziale di una trasformazione digitale matura, responsabile e sostenibile. Rendere l’IT accessibile significa offrire a tutti, indipendentemente dalle proprie condizioni fisiche o cognitive, la possibilità di partecipare attivamente alla vita lavorativa, culturale e sociale.

Le aziende che investono in accessibilità non solo rispettano la legge, ma dimostrano una visione inclusiva, migliorano l’esperienza utente, riducono il rischio reputazionale e potenziano la competitività.

Il percorso verso l’accessibilità richiede competenze, consapevolezza e metodo, ma non è un obiettivo irraggiungibile. Con il giusto supporto, anche una piccola impresa può diventare un esempio virtuoso.

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